//Do you want to..

1/2 

«Chris…» una voce svegliò il bassista, tutto assorto nei propri sogni contorti. Da un po’ di tempo difatti non faceva altro che incubi atroci; ogni volta che prendeva coscienza di sé, si svegliava con la sensazione di aver ingoiato un gomitolo di fil di ferro. 

Il fatto che però ultimamente non dormisse bene, non dava a nessuno una buona ragione per svegliarlo nel cuore della notte. 

Aprì confuso gli occhi, ma questo non bastò a dirgli chi fosse la magra figura davanti alla sua cuccetta; poi degli occhietti celestiali brillarono nel buio. «Cos-cosa c’è, Matt? È successo qualcosa…?» tartagliò; metà del cervello di Chris gli stava imponendo di tornare a dormire, mentre l’altra metà stava iniziando a preoccuparsi. Che fosse successo qualcosa a lei? 

«Vieni Pedro, ho qualcosa da mostrarti…» sogghignò Matt. 

«E non potevi aspettare domani, cavoli?!» strillò Chris; a quanto pareva, l’unico ad avere dei problemi era il suo frontman. Matt gli impose il silenzio e gli fece cenno di seguirlo fuori dalla stanza, dove stavano russando Dom, Tom e Morgan; Erin invece sospirava placida, nella cuccetta di Matt. Riluttante, Christopher si alzò e seguì Matthew nell’area cucina. Dopo aver sigillato la porta, Matt tirò fuori dalla tasca una scatolina quadrata, vellutata e blu. 

Di prostrò ai piedi di Chris e , aprendola, disse: «Mi vuoi sposare?». 

Dapprima sorpreso, Chris ridacchiò, affrettandosi a rifiutare la proposta «Grazie mille Matt, ma ho già il mio anello…» sorrise. Matt si alzò da terra «Oh, ma infatti non è per te questo, stavo solo facendo una prova…». 

Qualcosa nello stomaco di Chris prese a gorgogliare, mentre la sua testa veniva attraversata da un’idea scomoda e logorante come del filo spinato. Voleva chiederlo, se fosse o meno per lei, ma non ne aveva il coraggio. Se avesse aperto bocca, avrebbe detto altre cose, rivelato segreti che Matt non voleva sapere, anche se avrebbe dovuto. Come, ad esempio, che amava la futura proprietaria di quell’anello; forse però c’era una minima possibilità che l’anello venisse rifiutato, che lei davanti a quel prezioso si sentisse oppressa dalle troppe bugie e scoppiasse. Ma voleva davvero che lei patisse così tanto? 

«Secondo te le piacerà, Christopher?» chiese Matt con una vocina piccola e insicura «Voglio dire, l’ho trovato in una gioielleria vintage e l’ho fatto mettere a nuovo… sono mesi che me lo porto dietro, ma non riesco a trovare il coraggio di darglielo… cioè, di farle una proposta, ecco…». 

Chris non disse nulla; tanto sapeva che Matthew stava per lanciarsi in un monologo introspettivo. 

«è che in questi ultimi tempi l’ho trovata distante… come se qualcosa le bloccasse la mente. Capisco che non ha creato per molto tempo e questo è stato sia causa che conseguenza di questa sua strana indifferenza, però… però è come se mi fossi perso qualcosa. Come se sorridesse quando non ci sono io, come se senza di me si sentisse meglio» tartagliò Matt; Chris deglutì, sedendosi sul divanetto. Gli stavano sudando le mani. Aveva un nodo scorsone al pancreas. 

«Forse questa cosa del tour l’ha asfissiata… l’ho asfissiata. Forse siamo uno in assuefazione dell’altro e ci serve una pausa… però so che non riuscirei a starmene un giorno da solo, senza sapere che lei vuole stare al mio fianco. Perché è palese che ormai sia così, voglio dire, ci amiamo, io e lei…» Matt posò la scatoletta sul tavolino e prese a passeggiare in cerchio davanti a Chris. 

«Voglio dire, Erin, Erin non è una di quelle donne allergiche al matrimonio, per certi versi ha una mentalità classica… uhf» sbuffò; sapeva di affermare una falsità affermando la mente di Erin come un qualcosa di classico. D’altronde era per quello che stava pensando di sposarla: aveva una mente frizzante, aperta, nuova. 

Matt si fece taciturno, occhieggiando all’indirizzo di Chris. Voleva essere rassicurato; voleva che il suo amico gli dicesse che sarebbe andato tutto bene, perché compiere il grande passo era un gesto importante ma bellissimo. 

Chris sapeva che senza Erin, Matt sarebbe crollato; e non si trattava di trovarsi poi davanti a degli arrangiamenti e dei testi sulla stessa linea di Origin of Simmetry: si parlava della fine. Di cosa poi, non voleva proprio specificarlo: bastavano già quelle quattro lettere a fargli venire i vermi nello stomaco. 

«Matthew» si alzò; prese il coraggio per continuare il discorso «Io so perché Erin si sta comportando così ultimamente. E so che se non ti sta dicendo nulla, è perché ha solo paura delle conseguenze. Però non è colpa sua, davvero…» sospirò. 

«Le conseguenze di cosa, Christopher?» 

Non aveva sufficiente forza per guardare Matt dritto negli occhi e continuare; se solo avesse avuto del coraggio liquido a portata di mano… no, aveva solo addosso la maglia di Kill Beer, ma niente alcool che lo potesse aiutare a mettere da parte l’orgoglio e l’imbarazzo che lo frenavano. 

Fu l’immagine di Erin, sola e lontana da Matt, che piangeva con in mano il diamante a dargli un nuovo input. 

«Io, io l’ho baciata… l’ho baciata e ho anche provato a-» la mascella di Chris ebbe uno spostamento del tutto innaturale; finì dritta sul bracciolo del divano, seguita a ruota da tutto il corpo di Wolstenholme. E questo fu ancor meno piacevole. 

«Dimmi che stai scherzando. Che, anche se non è da te, stai solo cercando di prendermi un po’ per il culo». 

Chris si sentì in dover di obbiettare che sarebbe stato mille volte meglio prima chiedere una conferma sull’accaduto, e poi assestargli un pugno, ma restò muto. 

Matt sorpassò il tavolo. Chris vide nella propria testa Matthew che entrava, afferrava Erin per il polso e la portava lì, per giustiziare entrambi. 

«Matt! Cazzo Matt fermati, ti ho detto che lei non centra!» gli disse Chris, tirandosi su. Ma accadde proprio come aveva facilmente previsto: si trovò davanti Erin, preoccupata per il brusco comportamento del suo ragazzo e spaventata dall’aspetto della sua mascella. 

«Wolstenholme…» boccheggiò; non era una sciocca. Si accucciò sul divano, in preda al panico. 

  

2/2 

Aveva sentito, prima ancora della mano di Matthew che l’afferrava per le spalle, le loro voci. Soprattutto quella Chris; d’altronde parlava a voce alta così poco spesso da destare anche un ghiro dal letargo, ma erano state le parole che aveva pronunciato a svegliarla completamente. 

Furioso, Matt l’aveva fatta uscire dalla cuccetta e l’aveva condotta in cucina. «Vieni» era stata la sua unica parola; non la stava neanche trascinando: seppure colmo di rabbia, non le stava facendo male. Non dal punto di vista fisico, almeno. 

Nell’area cucina c’era Chris, in piedi al centro della stanza. Lo apostrofò per cognome, come se potesse dargli una spiegazione diversa al fatto che Matt fosse indemoniato e lui avesse la mascella purpurea. Si sentì crollare dentro e si accasciò sul divano, il volto nascosto fra le mani. 

Matthew iniziò a sputar fuori un discorso lunghissimo in un tempo troppo breve affinché Erin capisse ogni parola alla perfezione, ma il concetto era all’incirca questo: Chris l’aveva baciata e non solo. O meglio, quasi non solo. Secondo Matt, dalla sua faccia si capiva benissimo che era tutto vero. Non cercava una conferma, ma una spiegazione. 

Erin alzò lo sguardo sino a quello di Matt, azzurro come il mare, ma il mare in tempesta. 

«Matt, io… io…» deglutì. Non si aspettava che arrivasse così presto il momento dei chiarimenti. 

Quando finì di raccontare l’intera vicenda, partendo dall’incontro a casa loro e terminando con il bacio nel backstage, Erin si sentì la testa pesante e gli occhi secchi. Tra le tante cose, aveva dovuto ripetere varie parti del discorso anche tre o quattro volte; quando non era in uno stato sereno e lucido, difatti, tendeva a scordare le parole e la sintassi inglesi. 

«Quindi… è lui che per primo ha…» chiese Matt. Erin fece un cenno d’assenso con il capo. 

«Ma poi sei tu che hai tentato di farci del sesso?». 

Come? Come poteva spiegargli che lo aveva fatto per dissuaderlo, e non per averlo? Come poteva trovare le parole in inglese, se nella propria testa non riusciva ad esprimere il concetto neppure in Italiano? Sentiva sulla lingua l’espressione “psicologia inversa”, ma non sapeva quanto potesse essere salutare alla conversazione inserire una parola dello stesso campo semantico di “psicologa”. 

«Matthew, ti prego, ascoltami: lei non centra assolutamente niente, davvero! Non è colpa sua, sé…» Chris venne bloccato da Matt «Ha provato a baciarti, ok? E pure a scoparti! Non capisco come non posso centrare in tutto questo!». 

Erin stava per parlare, ma Chris proseguì con il suo tentativo «L’ho istigata, va bene? Le ho fatto della pressione io, io io e solo e unicamente io! Sappiamo tutti e due quanto sia fragile…» Erin ebbe un tremito. Non voleva che il suo passato le giustificasse ciò che aveva fatto. 

«Basta!» strillò «Non ti prenderai tutta la colpa Wolstenholme, non è così che si rimedia!». 

Nella cucina sbucò il viso stralunato di Dominic, ma Erin parve non farci caso. 

«Io volevo solo… potevi almeno lasciare che fossi io a dirglielo!» additò Christopher «Credi che forse mi sarebbe mancato il coraggio? Che magari alla fine avrei davvero cominciato ad amarti? Perché non hai lasciato che glielo dicessi io Chris, perché?». 

Cinque paia di occhi la fissarono, sorpresi. Matt le si avvicinò «Non è che potresti ripete?» le chiese. Erin lo guardò di rimando, esterrefatta; le era sembrato di essersi espressa in Inglese, ma non sembrava essere così. Si sentì stanchissima, come se avesse corso per tutta la notte su per una montagna. 

Concentrandosi, tartagliò che non era il momento adatto per parlarne; disse che aveva bisogno di tempo per riordinare la mente, per potersi far capire. Prese e si chiuse nell’area letto, sbattendo la porta alle proprie spalle. Tutti i letti erano sfatti, tutti i componenti in cucina, confusi e incazzati ognuno per i propri motivi. 

Sapeva di aver sonno e sapeva di non volerlo recuperare; d’altronde non aveva più voglia di star lì. Agguantò la propria valigia e ci buttò dentro alla meglio qualche cambio; si rivestì e stava quasi per uscire dalla stanza, quando le cadde l’occhio sulla maglia che Matt aveva abbandonato sul pavimento la sera prima. Raccogliendola, le parve un cimelio perduto, un fossile che aveva avuto vita millenni prima del suo tempo. 

La strinse tra le mani e l’annusò: immaginò il corpo che di solito quella stoffa ricopriva, asciutto e gracilino, ma affusolato e dolce. Era impregnata del sudore del concerto, un odore che a Erin ricordava momenti ben più intimi che un live davanti a migliaia di persone. Una volta e mille volte l’aveva strinta a sé, l’aveva baciata elegantemente, per poi spogliarla con fare quasi impacciato, ma le dita poi si facevano perdonare tutto. Correvano lungo la sua silhouette come sui tasti del pianoforte, con diversa pressione e stessa bravura. 

Un brivido la percorse: quelle dita ora erano appoggiate alla sua schiena, immobili ma pur sempre incantevoli. 

«Cosa fai» le chiese una voce; doveva trattarsi di un automa, non di Matthew. 

«Ho bisogno di un po’ di tempo…» sussurrò «Un po’ di tempo per trovare le parole, Matt» si mise di fronte  a lui, senza fissarlo negli occhi. Adesso la sua mente percorreva acque leggermente meno agitate e riusciva a parlare in una lingua che Matt poteva comprendere «Dopo quello che ho fatto non ho più trovato il coraggio di avvicinarmi a te e lo sai, questo…» pensò all’ultima volta che avevano fatto l’amore: mesi e mesi e mesi e mesi e mesi e mesi prima, forse. 

«Potevo fingere mentre ti parlavo o ti accarezzavo, ma non mentre avrei dovuto amarti, a letto. Non sono una brava bugiarda, lo sai…». 

«Mi sono dovuto ricredere» puntualizzò Matt, sfiorandole l’avambraccio «Pensavo che fosse perché non riuscivi più a scrivere. Ma a quanto pare, il problema ero io». 

«No!» si destò Erin, alzando il volto «No questo non è vero. Io… io…» pareva più difficile ammettere di essersi infatuata d Chris piuttosto che confessare di esserci quasi andata a letto; anche perché non aveva ammesso neppure a se stessa di provare un sentimento diverso dall’amicizia per Christopher. 

«Lui ha detto che ti ama» a quella parole, lo stomaco di Erin si fuse completamente «Ha anche detto che però tu non ne puoi niente. Sa che mi ami… il punto è che… non sono certo di saperlo, io. E forse neppure tu lo sai». 

Erin fece qualche passo indietro «Non è vero» gemette. Benché avesse parlato in Italiano, Matt aveva capito quelle tre parole. 

«Non so se riesco a crederti sino infondo». 

«Non so come convincerti che è così…» trovato il coraggio di fissare Matt negli occhi, ebbe un sussulto: erano vitrei e arrossati. Erin fece appello a tutto il suo senso logico e spiegò di come  aveva assecondato Chris, ma solo per respingerlo; che poi fosse rimasta nella sua stessa rete di menzogne, per quello non vi era alcuna giustificazione, in nessun dialetto del mondo. Erano sentimenti e si potevano esprimere solo a gesti. Gli spiegò però di come si era sentita dopo il bacio, dell’apertura mentale che aveva avuto e di come si sentiva orribilmente in colpa per quel gesto. 

«Pensi davvero di aver baciato Chris solo per poter scrivere? Lo pensi sul serio?» adesso Matt era appoggiato allo stipite della porta; Erin era seduta sul materasso. 

Soppesò quel pensiero: ci credeva davvero? La risposta le uscì immediata «Sì». 

«Penso di averlo fatto perché… ne avevo bisogno. Volevo solo uscire dall’oblio. Sono stata incivile, nei tuoi confronti come nei suoi» deglutì e poi ammise di aver tenuto i fogli per due giorni, prima di bruciarli. 

«Non era giusto che li tenessi…» concluse. 

Matt le si avvicinò, accucciandosi per portare i loro occhi alla stessa altezza «Quindi lui non conta niente per te?» le domandò. Erin contraccambio con uno sguardo smarrito «No». 

«Sai» le disse Matt «Avevo intenzione di darti un anello, sul palco di San Siro…» controllò l’ora «Stasera. Ma adesso…» 

«Neppure io me lo darei» gli confessò Erin. Curiosamente, Matthew rise di gusto. 

«Forse ci serve l’occasione giusta per ritrovarci…» ipotizzò; nella sua voce Erin trovò una certa dolcezza che la fece sentire ulteriormente colpevole. 

«Non ti merito… sai che non sopporterei di ricominciare…». 

«Ricominciare? Ma sei matta?» si stupì Matt «meglio riprendere la dove eravamo rimasti…» le bisbigliò, mostrandole il diamante. Erin gli si gettò al collo, in lacrime, e Matt l’avvolse con le sue mani affusolate e morbide. 

«Dimmi che stai scherzando…» lo pregò. 

«Neanche per sogno» le disse, stringendola, più forte. Erin si sciolse tra le braccia di Matt, consapevole che un simile perdono non l’avrebbe mai potuto recuperare, neppure scontando una pena lunga millenni. Eppure Matt era lì ad abbracciarla, nonostante tutto. 

  

~ di plugineve su 11 febbraio 2010.

Una Risposta to “//Do you want to..”

  1. (alla fine un nick cazzone l’ho trovato xD)
    che dire…..a parte la figura di Erin…che prima pensavo fosse una collaboratrice(ma mizzeca dorme in camera con Matt??)poi col fatto che fosse italiana e psicologa o giù di lì, ecco che mi si materializza la figura di Gaia(ma che fine avrà fatto?? ci saranno canzoni come UD??e via discorrendo)….questa fanfict mi è piaciuta da morire. anche xk è angst e tu sai che io ci sguazzo come un gattino con il gomitolo xD
    il pseudo-tradimento con Chris…la forza di reagire di Matt(la figura di Dommuzzo “oh ma che succede?? io avrei bisogno di dormire insomma!!”*puccio*)tutto ben amalgamato….una storia bellissima…e poi proposte di matrimonio si sa, sono un passo moooolto complesso….
    bravissima moglie, sono orgogliosa di te!!!
    ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤

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